MILANO, 02 LUGLIO – Anche i gruppi lombardi della Lega e di Forza Italia, che potranno contare pure sui banchetti del Partito Radicale, danno il via alla raccolta firme fortemente voluta dal Carroccio per depositare almeno 500.000 nominativi e far scattare il semaforo verde per il referendum sulla giustizia. L’obiettivo dichiarato è quello di racimolare in regione almeno 270.000 firme. Oggi a presentare la campagna lombarda al Pirellone c’era il coordinatore regionale della Lega Fabrizio Cecchetti, quello milanese Stefano Bolognini, il capogruppo del Carroccio al Senato Massimiliano Romeo (ex capogruppo del Carroccio lombardo nella precedente legislatura), e il successore di Romeo, l’attuale capogruppo al Pirelli Roberto Anelli. Per gli azzurri presenti il capogruppo regionale Gianluca Comazzi e il deputato Alessandro Cattaneo.

Nel complesso sono sei i quesiti proposti con l’intenzione di portarli in cabina elettorale, illustrati e spiegati stamattina in conferenza stampa. Riguardano prevalentemente la riforma del Consiglio superiore della Magistratura, lo stop all’influenza delle correnti, il tema della separazione delle carriere, dell’equa valutazione dei magistrati e della loro responsabilità diretta, oltre all’abolizione del decreto in attuazione della legge Severino e la limitazione agli abusi di custodia cautelare. Si parte innanzitutto dalla malagiustizia: “Negli ultimi 20 anni lo Stato ha dovuto rimborsare un qualcosa come 1 miliardo di euro per errori giudiziari”, afferma Cecchetti. Per non parlare dei tempi della giustizia civile, quelli che l’Europa, con i fondi del Pnrr e la nuova riforma in vista, chiede di abbattere: “La media è di sette anni e tre mesi a confronto della Francia dove un procedimento dura più o meno tre anni e quattro mesi. In Portogallo addirittura nove mesi. Siamo gli ultimi in Europa e non possiamo più tollerarlo”.

In ogni caso, i sei quesiti refendari, per Romeo “non devono essere visti come atti ostili nei confronti dei magistrati”, e anche nell’ottica dell’iter in corso che porterà alla riforma della giustizia “siamo convinti che possano essere un forte incentivo per il parlamento”. Venendo dunque nel merito, il primo dei sei quesiti è quello che riguarda lo stop alle correnti. Per candidarsi a far parte del Csm infatti, bisogna ottenere dalle 25 alle 50 firme. Eliminando questo passaggio, secondo leghisti e azzurri, si eviterebbe il problema di scelte calate dall’alto, solo per appartenenza a una o a un’altra corrente: “Si potrebbe sostenere un magistrato per capacità- dice Romeo- senza far affidamento alle correnti, uno dei problemi della magistratura anche se non tutti ne fanno parte”. C’è poi la responsabilità diretta dei magistrati, perché “chi sbaglia paga”, nonché la loro equa valutazione, che “deve spettare al Csm- insistono i presenti- la sovrapposizione tra controllori e controllati rende poco attendibile ogni tipo di valutazione e spesso dà luogo a una difesa corporativa”. Attenzione anche al tema della separazione delle carriere. Uno “stop alle porte girevoli”, che consente al magistrato di scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale: “Ci avevano già provato i Radicali nel 2000- ricorda Romeo- senza però riuscirci”. Ma l’intenzione è anche quella di porre un limite agli “abusi” della custodia cautelare. Eliminando infatti la possibilità di procedere con la custodia cautelare per il rischio di ‘reiterazione del medesimo reato’, leghisti, azzurri e radicali sono convinti che potranno finire in carcere prima della conclusione di un eventuale processo solo gli accusati di reati gravi. “Ricordo il caso di Luigi Gianola, direttore dell’Asl di Sondrio- rammenta Romeo che cita anche la vicenda dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti- si è fatto sei mesi di custodia cautelare. Ecco, chi mai pagherà per quanto fatto nei confronti di quella persona?”.

In conclusione poi, con uno dei quesiti, si vorrebbe abolire il decreto in attuazione della legge Severino, soprattutto quell’automatismo per il quale un sindaco o un governatore, in caso di condanna in primo grado, deve dimettersi. “Io ho fatto il sindaco- afferma Cattaneo, ex primo cittadino di Pavia dal 2009 al 2014- e ricevetti un avviso di garanzia per abuso di ufficio che si risolse con un nulla di fatto, se non con titoloni sui giornali e un po’ di fango”. Insomma, Lega e Forza Italia, già alle prese sui ragionamenti per il partito unico o la federazione, fanno squadra. All’appello però, manca l’appoggio di Fratelli d’Italia, alleato naturale del Carroccio e degli azzurri, almeno sui territori (non al governo visto che il partito di Giorgia Meloni è fuori dall’esecutivo Draghi): “Mi dicono che hanno qualche perplessità- commenta Anelli- alcuni quesiti li condividono, altri no”. In ogni caso, per il momento, basta la sinergia tra la Lega e Forza Italia: “Una vicinanza naturale- commenta Bolognini- su questi temi siamo forza e maggioranza nel Paese e in Lombardia. Ora lavoriamo per togliere una cappa di silenzi e di ipocrisia”. Fin da subito “abbiamo dato sostegno a questa iniziativa- precisa l’azzurro Comazzi- ieri Tajani ci ha inviato una circolare affinché dessimo il nostro appoggio”. Anche perché “per noi di Fi queste sono battaglie storiche”, che non vogliono essere “contro la magistratura”, piuttosto “a tutela dei tanti bravi che ci sono e meritano di avere un sistema più equilibrato”. (Dire)